giovedì 28 giugno 2007

Sòla profonda

Cosa c'entra Linda Lovelace con il PD e Uolter Veltroni? Ci arriverò poi. Sono i misteri delle libere associazioni mentali e da stamattina ho questa cosa che mi ruzzola nella testa.

Dunque ieri è stato il gran giorno, Silver Uolter ha parlato ed ha sciorinato ben bene le sue idee per un grande e nuovo partito democratico nel suo discorso di Torino. Grazie a Repubblica, che ha fatto il lavoro sporco di riassumerne i principali concetti, eccone un sunto più che conciso, circonciso. Con, tra parentesi, il mio commento.

"Riunire l'Italia, farne una grande nazione. Non ci sono due Italie. Basta contrapposizioni: nord-sud, giovani-anziani, lavoratori dipendenti-autonomi." (Il grande amplesso. Il problema sarà convincere i leghisti. Ipnosi? Brainwashing? Detto tra noi: vuoi mettere il "Qui si fa l'Italia o si muore?" Il counter dei "basta" segna 1)

"Le comunità umane possono convivere solo nella libertà. Una libertà che i nostri padri hanno conquistato a caro prezzo" (Quelle frasi che ti fanno dire: ma come ho fatto a non pensarci prima? Bottarella ai babbi partigiani, che ancora sopravvivono in pochi esemplari.)

"Una follia la guerra in Iraq" (Alla fin fine è sempre colpa di Basaglia. Ah, la guerra in Afghanistan ce la lasciamo sfuggire così?)

"Basta con il precariato, i giovani non possono aspettare: serve un nuovo patto generazionale" (Già sentita, non fa ridere. I "basta" sono 2.)

"L'ambientalismo non vuol dire no a tutto. Sì alla Tav" (Che la TAV gli piacesse l'avevamo già intuito. Qui si comincia a dover inghiottire di brutto.)

"Il sindacato deve tutelare anche i giovani, non solo i lavoratori e i pensionati " (Seconda bottarella ai giovani. Ci parla lui con il sindacato o dobbiamo farlo noi?)

"Pagare meno tasse, pagarle tutti. Basta con gli odii di classe" (Ma si, basta odiare Paris Hilton, povera stella. Avete notato? Ha detto odii, come Berlusconi, non lotta di classe. L'affare si fa sempre più grosso. Il "basta" counter segna 3.)

"La sicurezza è un diritto, non è di destra né di sinistra" (Difficile qui non farsi scappare un bel "grazie al cazzo".)

"La democrazia è ascolto, ma alla fine è decisione" (Vedi alla voce TAV.)
"Serve il dialogo fra maggioranza e opposizione" (La serva serve.)

"No al bipolarismo etico, basta con gli integralismi e il laicismo esasperato (Almeno a casa mia, hanno tremato i vetri. Il laicismo esasperato è veramente troppo grosso da mandar giù. Al di là della nostra portata massima. I "basta" salgono a 4.)

"Il Pd deve essere il partito federale e il partito delle donne. Un partito lieve e ambizioso. (Dolce e amaro, attivo e passivo, più che un partito un ossimoro. Con bottarella di prammatica alle donne ma piano, talmente piano che non abbiamo sentito praticamente niente.)

"La politica non è una passeggiata solitaria, è un viaggio collettivo, in allegria. Ma senza la politica ci sono le scorrerie e le corporazioni". (Abbasso la masturbazione, torniamo alle gite scolastiche e all'Osteria Numero 20, con tanto di assalto alla diligenza. Il PD come rinfanciullimento di ritorno.)

"Incrociare di nuovo la nostra storia con i socialisti e con quelli che hanno abbandonato i Ds." (Per la serie: famo l'ammucchiata.)

"Basta con la nostalgia del passato, ci vuole curiosità verso il futuro." (Il counter dei basta si ferma a 5. Oltre alla curiosità ci sarebbe anche qualche progettino? Un piano, un pianetto, oltre a questo florilegio di luoghi comuni?)

So di farmi dei nemici, avendo letto recensioni entusiastiche del discorso del Veltroni. E' necessario dire, dopo aver letto fino qui, che a me questo mucchio di banalità da baci perugina non ha smosso un callo, anzi mi ha lasciata parecchio ingrullita?
Forse gli amici riformisti, per qualche strana mutazione genetica e per gli effetti collaterali della delocalizzazione, avranno sviluppato il clitoride nelle orecchie e saranno capaci di godere al suono di queste frasi memorabili.
So di parlare anche per altri. Noi che quella cosa lì l'abbiamo al solito posto e non siamo neppure iperdotati come Linda "gola profonda" Lovelace nel mandar giù ogni tipo di boccone, siamo delusi.

Però a ripensarci un rinnovamento ieri c'è stato. Non avrei mai pensato nella mia vita di dovermi trovare d'accordo con un titolo di Libero e con Berlusconi. Grazie Walter, anche per questo.

mercoledì 27 giugno 2007

Ustica, ipotesi per una tragedia

Nel 27° anniversario della tragedia di Ustica vi propongo questo testo, che riassume in maniera efficace gli scenari inquietanti che avrebbero potuto fare da fondo a questo mistero insoluto italiano. Vere o false che siano queste ipotesi, l'omertà e l'assoluta incapacità di magistratura e governi di giungere ad una soluzione del caso fanno pensare che quel giorno effettivamente i giochi fossero troppo grandi per gli stessi giocatori. Con la speranza che un giorno giustizia sia fatta e quelle 81 persone innocenti possano avere finalmente pace, assieme ai loro famigliari.


"Il 27 giugno 1980 un DC9 dell'Itavia partito da Bologna per Palermo, si ferma per sempre a Ustica. I soccorsi arrivano in ritardo e in pratica non fanno che raccogliere in mare alcuni dei cadaveri dei passeggeri e il cono di coda dell'aereo.
I periti dell'aeronautica diranno che l'aereo si è spezzato in volo per un cedimento strutturale con morte istantanea per tutti i passeggeri. [...]
II generale Rana che è a capo del registro aeronautico, dirà che si è trattato di un missile ma il Ministro competente la considera una sua supposizione.
D'Avanzati, Presidente dell'Itavia, dirà anch'esso che il suo aereo è stato abbattuto da un missile.
Di lì a una settimana una rivista specializzata inglese, sulla base di un diagramma radar reso pubblico perché considerato innocuo, scriverà che è stata un'azione da manuale, una tipica conversione con lancio di missile a 90°.
Ma l'aeronautica italiana ha parlato di cedimento strutturale e il Ministro non deflette. Il Ministro dei Trasporti, che è Formica, provvede a firmare il decreto di scioglimento della compagnia. [...]
Il Presidente dell’Itavia che aveva parlato di un missile, viene raggiunto da una comunicazione giudiziaria per propagazione di notizie false e tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico. Per più di 8 anni sarà l'unico ad essere stato raggiunto da una comunicazione giudiziaria per l'affare Ustica.
Dopo che l'Itavia è stata sciolta quale compagnia inaffidabile, anche se per la verità l'Itavia faceva perfino la manutenzione di altre compagnie minori, si comincia a dubitare del cedimento strutturale. [...]

Allora l’aeronutica comincia a sposare la tesi dell’esplosione a bordo, anzi della sicurezza di un'esplosione a bordo. Questo che dovrebbe essere il punto di partenza delle indagini per scoprire i colpevoli, è invece considerato da tutte le istituzioni come il punto di arrivo: è stata una bomba e il caso è chiuso, tanto in Italia si è abituati a non sapere mai chi ha commesso le stragi. Ipotesi tante, come dire nessuna.
Per tutti, all'estero, l'aereo è stato abbattuto da un missile. La BBC manda perfino in onda un servizio intitolato "Murder in the sky".
L'aeronautica italiana esclude nella maniera più assoluta che l'aereo possa essere stato abbattuto. Non ci sono tracce radar di altri aerei nelle vicinanze, i nastri radar però o non ci sono o non si trovano o sono stati distrutti o si è interrotto il rilevamento radar per esercitazioni in corso, ecc.

L'aeronautica militare comincia a essere messa sotto accusa dall'opinione pubblica, anche perché un Mig libico precipita nella Sila, ufficialmente durante un esercitazione che simulava proprio un attacco del nemico da sud. L'aereo sarebbe arrivato sul territorio nazionale senza che l'aeronautica se ne accorgesse e proprio in un momento di massima allerta.
Se poi aggiungiamo che il Mig libico non può avere l'autonomia per raggiungere quel punto, che il pilota morto calzerebbe gli stessi stivaletti di ordinanza dei piloti della Nato e che i periti che devono fare l'autopsia sul morto ricevono pesanti interferenze da parte di un "militare in borghese" presso una caserma dei Carabinieri, ce n'è abbastanza per fare entrare l'aeronautica nell'occhio del ciclone.

Dopo 8 anni e dopo un recupero parziale dell'aereo precipitato, presso alcune basi radar periferiche (prima ignorate dall'inchiesta), sarà possibile reperire le tracce dell'aereo Itavia che precipitava e si avrà la conferma che in quel momento, in quello spazio aereo, c'erano anche altri aeroplani.
Uno dei canali della televisione di Stato manderà in onda una sua ricostruzione dell'incidente, attribuendo l’abbattimento del DC9 a un missile sfuggito a un nostro aereo durante un’esercitazione.
Dai vertici dell'aeronautica vengono sdegnate smentite, un generale urla in pubblico: "Non siamo stati attori ma spettatori" e ricorda alla classe politica che l'ira all'interno dell'aeronautica sta montando.[…]
Ormai tutte le perizie parlano di missile, gli unici a insistere sulla bomba sono i periti dell'aeronautica o quelli a loro vicini.
Viene deciso anche il recupero di quella parte di aereo che è rimasto in fondo al mare ma la credibilità delle istituzioni, di tutte quelle che si sono occupate del caso Ustica, è perduta. [...]

All'estero e in tutti gli ambienti italiani solitamente ben informati, si racconta una storia di questo genere: inglesi e francesi con l’aiuto logistico degli americani, avrebbero progettato di abbattere l’aereo del leader libico Gheddafi ma all'appuntamento avrebbero trovato il DC9 dell’Itavia che era in ritardo sul piano di volo.
C'è anche una versione lievemente diversa: all'appuntamento avrebbero trovato altri caccia; nella battaglia aerea che ne sarebbe seguita veniva abbattuto il DC9 Itavia, che passava da quelle parti e dietro il quale si sarebbe rifugiato uno degli aerei in procinto di essere colpito da un missile. Il DC9 Itavia avrebbe intercettato un missile diretto ad altri.
Quello che si dice in più, però, è che i Libici sarebbero stati informati dell’attentato preparato contro di loro, dai nostri servizi segreti filo-arabi. Non è inverosimile perché già in un'altra occasione i nostri servizi segreti avevano avvertito il leader libico di un attentato progettato contro di lui.
Certo che se tutto questo è vero, e all'estero lo danno per tale, i nostri servizi segreti avrebbero
realizzato un bel colpo: avrebbero salvato un leader che ci ha mandato contro perfino dei missili (ricordare Lampedusa) e sarebbero la causa indiretta dell’abbattimento di un nostro aereo e della morte di 81 italiani.
Non sarebbe tutto qui perché le risposte del leader libico al suo mancato abbattimento sarebbero due: una, verificabile, è stata quella di far pubblicare un necrologio di una pagina intera per i morti di Ustica su un quotidiano di Palermo, città d'arrivo del DC9 Itavia; l'altra sarebbe la bomba di Bologna, città di partenza dello stesso aereo.
I morti dell'affare Ustica potrebbero quindi essere non 80 ma quasi il doppio. [...]

In molti cominciano a parlare, memorie assopite riaffiorano. Dall'interno della stessa aeronautica, se si escludono i vertici, si riescono a ricostruire tanti particolari. Particolari apparentemente del tutto secondari ma che possono avere un senso preciso per la ricostruzione della verità, che appare ancor più sconcertante di quanto si potesse immaginare, al punto di potere ipotizzare che l'aereo pieno di ignari passeggeri sia stato deliberatamente portato davanti all'aereo killer.

L'aereo del leader libico Gheddafi passava abbastanza frequentemente dai cieli italiani e sembra che fosse riuscito ad ottenere, per i caccia di scorta, delle basi in aeroporti militari italiani e specificatamente in quello di Grosseto.
Avvisato da una componente dei servizi segreti italiani dell'attentato che era stato preparato per lui, Gheddafi avrebbe utilizzato la copertura aerea prevista per il proprio aereo che non c'era, per scortare il DC9 dell'Itavia, in modo da portarlo davanti all’aereo killer e farlo abbattere. Infatti, dai tracciati, si scopre che due velivoli non identificati seguirono in coda il DC9 Itavia da Bologna sino in Toscana, per poi scomparire (atterrati a Grosseto?).
Nella ricostruzione del volo, effettuata dai periti di parte civile, si rileva la presenza sulla scia dell'aereo Itavia di un aereo misterioso, che compare sui radar a partire dalla verticale del Lago di Bolsena a 40 km a nord-est di Roma, cioè nel momento in cui il DC9, che viaggiava nell'aerovia Ambra 14, effettuò due manovre per immettersi nell'aerovia Ambra 13. Da dove veniva quell'aereo? Forse da Grosseto?
Al momento del suo abbattimento il DC9 dell'Itavia ha questo aereo nella sua scia, che però non è il vero destinatario del missile.
Il missile è proprio lanciato contro il DC9 Itavia scambiato per l'aereo di Gheddafi. Sul radar dell'aereo che gira in circolo sul Tirreno all'altezza della Corsica, il rilevamento indica un aereo passeggeri con scorta: è il via libera per l'aereo killer. A quel punto l'aereo misterioso, presumibilmente un Mig, risponde al fuoco o almeno è molto probabile che lo faccia, dal momento che tra le varie voci che affiorano a livello internazionale, c'è anche quella che un caccia Nato non sarebbe rientrato alla sua base. Il Mig sarebbe stato inseguito e abbattuto sulla Sila.

Durante la prima trasmissione del Telefono Giallo condotta da Corrado Augias sull'affare Ustica, intanto che un militare di alto grado dell'aeronautica si affannava a spiegare che il DC9 era caduto a causa di una bomba a bordo, un testimone oculare telefonò dicendo di aver visto, nella stessa sera del disastro, sulla costa della Calabria un Mig che volava a bassa quota, diretto verso l'interno e inseguito da due aerei italiani (o dello stesso tipo di quelli utilizzati anche dall'Italia) con relativo lancio di missili. Quello che è certo è che sei persone che in quel tempo avevano a che fare con l'aeroporto di Grosseto e che vennero a contatto con la strage di Ustica, sono poi scomparse in modi più o meno misteriosi. Tra di loro il comandante della base di Grosseto Giorgio Tedoldi e Maurizio Gari, responsabile della sala operativa del radar di Poggio Ballone (Grosseto).

Se questa è la ricostruzione reale dell'affare Ustica è facile immaginare perché siano state raccontate tante menzogne e sia stato innalzato il famoso muro di gomma.
Come spiegare che, senza che l'aeronautica militare muovesse un dito, il DC9 Itavia fosse stato scortato fin davanti all'aereo killer?
Come spiegare che una qualche nostra istituzione ha avallato un'attentato a Gheddafi nei nostri cieli e che un'altra nostra istituzione ha avvertito Gheddafi e che di conseguenza è stato abbàttuto il nostro aereo?
Molto probabilmente anziché tentare di coprire il tutto, sarebbe stato più facile dire che l'aereo era stato abbattuto per errore durante un'esercitazione.
[...]
Per esigenze di facciata ad uso interno c'è chi preme per un compromesso: né bomba né missile ma collusione con un oggetto esterno, la cui ipotesi potrebbe non risultare incompatibile con i rottami ripescati: può succedere anche questo, tanto i resti del velivolo sono in un capannone dell'Aeronautica Militare, una delle parti in causa. Per una banale collisione, come si potrebbero però spiegare quei comportamenti definiti da Andrea Purgatori "depistanti ed omissivi di altissimi ufficiali dei nostri servizi e dell'Aeronautica, con il contorno di strani episodi che hanno per protagonisti e vittime gli stessi investigatori o i periti?"
Gli episodi strani sarebbero finora una ventina, almeno quelli noti. Tra gli altri la "visita e perquisizione", ad opera di ignoti, dell'alloggio sottoposto a stretta sorveglianza armata del generale Zeno Tascio, inquisito dalla Magistratura per i fatti di Ustica. Poi l'uccisione a Bruxelles di chi aveva avuto in quel tempo il comando operativo dell'area di Grosseto, nel corso di una finta rapina.
Nell'aprile del 1993 i servizi segreti russi rivelano di aver seguito i fatti di Ustica attraverso un loro radar in Libia e danno la loro versione: l'aereo killer è un caccia USA. Nel maggio successivo viene depositata in tribunale la perizia sul Mig libico. Non può essere partito dalla Libia, per mancanza di autonomia; inoltre la scatola nera consegnata dalle autorità preposte ai giudici, risulta falsa."

(tratto da: Giancarlo Martelli "Imbrogli e conflitti nell'Italia contemporanea" ed. Maripa, pp. 172-179, 1993)


lunedì 25 giugno 2007

Scusa Walter, ma...

Se dev’essere un candidato che abbia la certezza di battere Berlusconi alle prossime elezioni, perché non puntare direttamente su George?

Guarda, vive praticamente in Italia, a Como è impegnato anche in questioni locali, è sicuramente democratico, progressista, ecologista, Bush gli sta sulle palle e vorrebbe un’America diversa e libera da questi guerrafondai.
Anche se lui non è mai stato comunista, credo, temo perfino che sia più di sinistra di te.

Poi, se permetti, più che un leader filoamericano, già che ci siamo, tanto vale prendercelo americano originale.
Tu sei appassionato di cinema. Embé? Lui il cinema lo fa proprio di mestiere. Come attore, regista e produttore. Ed è bravo, perché non sa fare solo il bonaccione e il madonnino in lacrime (a buon intenditor…) ma anche il figlio di puttana, e sai a noi ragazze quanto attizzino i bad boys.

A proposito, dettaglio non indifferente: hai presente il voto femminile con il candidato Clooney?
George si mangerebbe il Cavaliere con tutto il trapianto, il botox e i tacchi alti.
Immagina l’ultimo dibattito televisivo prima del voto. Berlusconi si scalmana per convincere gli italiani che solo lui può governarli.
George guarda una volta sola in macchina, con nonchalance e con l’occhio birichino, dice “ciao” e Berlusconi è fucked up.

Pensaci, Walter. Guarda su questo manifesto tarocco cos’è!
So già che non accoglierai il mio consiglio, di fare un passo indietro per il bene della sinistra italiana e mondiale e di lasciare che George si stravinca queste fottutissime elezioni. Pazienza, ti augureremo lo stesso Good Night & Good Luck.

domenica 24 giugno 2007

E' possibile una Storia obiettiva?

Si è parlato ancora di Via Rasella, delle Fosse Ardeatine e del caso Priebke, con discussioni piuttosto accese sui blog di Dacia e Cloro, che hanno coinvolto addirittura il concetto di libertà di espressione. La cosa mi ha ispirato alcune riflessioni. Oggi farò un discorso generale, piuttosto noioso temo, in un altro post mi concentrerò sul caso specifico dell’ex capitano nazista.

Leggendo tutti i commenti nati attorno all’interpretazione delle colpe di Via Rasella, mi sono resa conto che parlare di un fatto storico in maniera obiettiva è praticamente impossibile in un mondo obbligato a non osservare la realtà ma ad interpretarla in maniera ideologica e bipolare.
Come quando si hanno due tifoserie nemiche che si accusano reciprocamente di essersi rubata la partita, uno dice che la realtà è nera e l’altro dice che è bianca. Ciascuno è talmente convinto del proprio punto di vista, del proprio schieramento (le ideologie in lotta sono quella che ispira l’attuale sistema economico capitalistico e quella che raccoglie i rivoli non solo marxisti dell’anticapitalismo), che alla fine il segno positivo annulla il segno negativo e il risultato è l’impossibilità fisica di vedere la realtà fattuale. Se di ogni evento io posso dare un’interpretazione e contemporaneamente il suo opposto, posso scordarmi di poter mai capire veramente quell’evento in maniera obiettiva. E’ l’effetto del tanto aborrito relativismo.

Per la verità, in questa lotta tra opposte fazioni, c’è da tenere presente che chi detiene concretamente il potere può guidare l’informazione e creare il pensiero unico, facendo dominare la propria ideologia di riferimento. Questo è un punto fondamentale.

Quale delle due ideologie in lotta è dominante, allora? Se chiedessimo a dei visitatori alieni che ci osservano da un bel po’ chi comanda sulla Terra adesso, loro risponderebbero probabilmente una superpotenza militare rimasta senza il suo principale contendente, che cerca disperatamente, assieme ai suoi vassalli, di salvare un sistema economico in declino e incapace di dare risposte evolutivamente positive all’umanità, chiamato capitalismo. Se chiedessimo ai nostri amici alieni qual è il pericolo comunista attualmente, essi risponderebbero che il sistema dovrebbe guardarsi piuttosto dalle sue falle più che cercare nemici che ormai sono patrimonio della storia passata.

In declino o meno, chi comanda stabilisce le relazioni causa ed effetto che creano la storia presente e guidano l’interpretazione di quella passata. La storia fatta dai vincitori non è un luogo comune, è una verità.
”Se non avessimo usato la bomba atomica la guerra non sarebbe finita”. “Saddam Hussein era un pericolo per l’umanità perché aveva le armi di distruzione di massa”; “la guerra in Afghanistan è conseguenza dell’attentato dell’11 settembre”; “chi si oppone alla liberazione irachena è un terrorista”.
Chi si riconosce nell’antipotere offre un’interpretazione opposta: “Saddam era un baluardo contro l’imperialismo americano”; “la guerra in Afghanistan nasce dalla stessa spinta imperialistica”; “chi si oppone all’occupazione irachena è un partigiano”.

E lo storico, che dovrebbe dare un’interpretazione obiettiva e scientifica basandosi sui puri fatti, come può operare in un clima di opposti estremismi interpretativi?
Se potesse analizzare gli eventi liberandosi dal peso delle armature ideologiche, il compito sarebbe facile.
Un tipo particolare di relativismo, quello psicologico, che permette di “mettersi nei panni” di entrambi i contendenti per capirne le rispettive ragioni, potrebbe aiutare.
Il revisionismo, dal canto suo, sarebbe assolutamente necessario per il progresso della ricerca storica, perché è solo dall’emersione di nuovi documenti, dalla possibilità di riscrivere la storia alla luce di fatti nuovi ed inediti che si può superare la logica della “giustizia dei vincitori”.

Revisionismo, è meglio puntualizzarlo prima che qualcuno salti su come una molla, non è negazionismo. Dire che i bombardamenti di Dresda furono un crimine inutilmente crudele contro una popolazione civile non toglie una virgola dalle colpe dei nazisti in termini di genocidio. Far conoscere le condizioni di vita al limite della sopravvivenza nelle quali furono tenuti migliaia di prigionieri di guerra tedeschi nei campi tenuti dagli alleati in Germania non offusca gli orrori di Dachau e Auschwitz. Portare alla luce i crimini di guerra che commisero anche gli Italiani brava gente è pura giustizia.

Purtroppo il relativismo “empatico” e il revisionismo costruttivo non sono amati né dal potere né dal contropotere, che preferiscono annichilirsi a vicenda lasciando che la discussione marcisca in un pantano senza uscita. Così il potere, facendo credere che il contropotere è potente quanto lui, può rafforzarsi e autolegittimarsi nella propaganda e nella menzogna.
Chiediamo ancora ai nostri alieni quale di due eserciti in lotta tra loro ha ragione. Nessuno. L’umanità deve solo liberarsi di una cosa, direbbero, della guerra.

sabato 23 giugno 2007

Pantera o rottweiler?

Che non esistano più le stagioni lo si capisce anche da come sono cambiati i giornali.

Una volta i quotidiani potevano sbizzarrirsi con articoli leggeri e lanciarsi a chiappa libera nel gossip, allora chiamato italicamente pettegolezzo, solo e rigorosamente in estate, secondo il detto che l’ombrellone nun vuò penzieri e nelle redazioni fa caldo e impazza il crampo dello scrivano.

A tenere alta l’attenzione dei lettori per diversi giorni arrivava di solito qualche delitto, possibilmente nell’alta società e dintorni e rigorosamente insoluto come il mistero della contessa assassinata, oppure, ma dobbiamo retrocedere fino agli anni settanta, qualche ondata di avvistamenti UFO.
C’erano a disposizione le notizie sempre in odor di bufala e quasi commoventi nella loro ingenuità, come il coccodrillo trovato nelle fogne, inevitabilmente a New York, la pioggia di rane in Cornovaglia o la pantera in fuga sempre nei dintorni di Roma, come se vi fosse un “wormhole” temporale a Frascati da dove vengono sputate le bestie feroci del Colosseo.
Poi, ultimamente, esauriti gli alieni, le contesse morte, le principesse tristi e messi gli ormoni a posto le sorelle Grimaldi, arrivarono i cani mordaci, i rottweiler almodovariani sempre sull’orlo di una crisi di nervi.
Con il sospetto sempre più forte che le mute di cani che si mettono a mordere tutti all'unisono nascondano effettivamente più la mancanza di idee del giornalista che una misteriosa psicosi collettiva canina.

Un altro classico estivo della stampa di una volta erano i test: scopri quanto sei porcella, ma sei vegetariana o carnivora?, il tuo lui è veramente uomo? Contate le A e le B e la prevalenza di C scoprivi che in te si nascondeva Madame Fetish, che in realtà eri una mucca ruminante e che il tuo lui che credevi rude come un boscaiolo in realtà era più vicino spiritualmente a Elton John.

Era bello però, sentivi la differenza tra l’estate e l’inverno, tra la vacanza e il tempo per lo studio, il lavoro e l’impegno. Non c’era solo il pettegolezzo, la ciatella da salotto, lo sbraco da mutanda abbassata.
D’inverno si tornava alla normalità, c’erano le grandi inchieste, i reportages, i giornalisti che ti insegnavano a leggere e scrivere e guardando i telegiornali ti sembrava di assistere allo scorrere della storia. Per trovare la notizia leggera sui quotidiani o al telegiornale doveva come minimo sposarsi un re o una regina e non accadeva tanto spesso. Fa un certo effetto raccontare di quando esisteva una cosa chiamata giornalismo. Ci si sente vecchi.

Oggi è tutto diverso. Per trovare un giornale senza gossip e per tutto l’anno devi leggerti “Radiorivista”, il bollettino dei radioamatori, l'unica rivista che se la trovi in bagno ti provoca una irreversibile stitichezza.
Ciò che una volta leggevi solo dal parrucchiere un po’ vergognandotene, te lo ritrovi in prima pagina da gennaio a dicembre sull’ex-serioso “Corriere della Sera”. Prendo dall’edizione online di oggi: “Simona Ventura: "sono carica a pallettoni”, “Troppo occupati per far sesso? Dieci consigli (veloci)” (cos'è, fanno pure gli spiritosi?); "Vale lascia Arianna per colpa della Canalis”. E poi non stupiamoci che uno come Ricucci volesse comprarsi il giornale.
Non ditemi che siamo in giugno, d’estate appunto, e che i giornali in questa stagione vanno in cerca di cose rilassanti dalla notte dei tempi. Se tornerete su quella pagina il 15 dicembre di diverso ci sarà solo la neve invece del solleone.

Questa onda anomala di fuffa, scemate, inutilità che riempie i giornali sta letteralmente travolgendo e facendo sparire le notizie vere che dovrebbero farci riflettere. Per esempio i morti delle tante e troppe guerre che ancora si combattono.
Se cercate infatti, sempre sul Corriere online di oggi, notizie per esempio sull'Afghanistan, dovete scrollare fino in fondo, nelle brevi. Afghanistan, Karzai: «Uccisi 90 civili». Cosa vuoi che sia.

Più o meno le stesse cose le scrissi l'anno scorso per il vecchio blog. Volendo fare come la tv estiva che ripropone le cose vecchie e ribollite, ho guardato se questo pezzettino di costume poteva essere riciclato anche oggi. E' bastato aggiornarlo un poco con l'attualità ma la sostanza rimane la stessa. Le notizie stanno sparendo in un mare di merda e che la cosa sia voluta mi pare sempre più evidente.

giovedì 21 giugno 2007

Condizionatore, strumento del demonio

Se 54.000 megawatt vi sembran pochi. Tale è stato il consumo di energia negli ultimi giorni, a causa del caldo e del sempre più diffuso utilizzo del condizionatore.
Fa bene sapere che c’è qualcosa al mondo che succhia più energia elettrica di un concerto dei Pink Floyd.
Hai voglia di scegliere quello che consuma poco, come sostengono. Se poi va a tirondella tutto il giorno a 18 gradi saltano altro che i contatori.

Il condizionatore è un istrumento del demonio, creato dal demonio per dare all’umanità un’illusione di benessere.
Tutti sanno, almeno credo, che per creare fresco nelle nostre case il condizionatore sputa fuori (dove è già un caldo infernale) ancora più calore, attraverso la terribile unità esterna, quel coso che va appeso fuori dalle finestre e di solito fa un gran casino.
E’ un cane diabolico che si morde la coda. Più condizionatori bombano e più calore viene disperso nell’ambiente, quindi più condizionatori ci vogliono, in una progressione esponenziale. Il mondo finirà quando l’ultimo condizionatore sarà messo in funzione e assorbirà l’ultimo watt sopravvissuto.

Il condizionatore, chissà perché, non è mai usato in maniera razionale e sana. Sei tutta sudata, con i vestiti appiccicati addosso. Entri in una banca e ti sembra di essere uscita da un crematorio per entrare in un frigorifero. Hai subito alle spalle Kitano con la katana nelle vesti di Zatoichi. Una lama che ti trapassa dalla spalla al fianco, tagliandoti in due. Se sei fortunata il giorno dopo hai un’incriccatura spaventosa, ti muovi a stento e tossisci come la dama delle camelie nell’ultimo atto della Traviata.
Anche negli altri uffici e nei supermercati trovi quel delizioso gelo siberiano che rischia di farti cadere gli alluci di schianto, ma il peggio sono proprio le banche. Forse il denaro, anche se non puzza, è considerato merce deperibile? Oppure è quella faccenda dei capitali congelati?

Quando vai in casa di amici è conveniente portarsi dietro un pile anche in questa stagione, perché il posto dove ti siederai sarà quello proprio in favore del fiotto di ghiaccio polare, che preferibilmente si affeziona alla tua nuca scoperta. Guai a lamentarsi, a dire: “sono appena uscita dall’ospedale dopo la polmonite interstiziale”. Come risultato qualcuno dirà: “aspetta che lo abbasso un po’, non avete caldo, voi?”

Io non sono freddolosa, amo quel bel freddo naturale che si sente la mattina alle 7:30 in Gennaio con -4 gradi, pedalando in bicicletta. E’ solo che odio il freddo artificiale e malato del condizionatore spinto a tutto busso. Amerei il condizionatore se fosse usato da esseri umani e non da pinguini.

La cosa che mi disturba di più in assoluto però è l’installazione del condizionatore. La carotatura del muro. Una specie di bazooka con un tubo rotante e alabarda spaziale che viola il tuo bel muro del soggiorno. Ieri assistevo all’operazione e vi assicuro che quei 35 centimetri di foro nel muro sono stati più eroici della breccia di Porta Pia. Mentre ragionavo sulla trentina di centimetri chissà perché mi è venuto in mente con ammirazione John Holmes. Forse per non pensare alla conseguenza immediata di quel buco: l’invasione dell’ultracorpo gelido anche nella mia casa.
Perché gli altri hanno caldo, perché se io sono sopravvissuta finora senza non frega niente a nessuno, perché bisogna essere previdenti e se poi vengono 45 gradi all’ombra sono cazzi.
Papè satan, papè satan aleppe!

P.S. Attenzione! Non provate a farlo da soli.

mercoledì 6 giugno 2007

M'inculpop

Io adoro il TG1, specialmente ora che c’è Riotta e quindi è diventato equidistante e imparziale. Chi dice che il panino c’è ancora è ingiusto. Il direttore descamisado infatti risparmia solo sulle fette di pane. Prima parla l’opposizione e poi il governo. Manca appunto l’altra fetta che copre il salame. Il salame di Riotta è scoperto. Mimun lo ricopriva pudicamente con un’altra bella fetta di governo (allora di centrodestra).

Il TG1 ora è imparziale come un arbitro svizzero. Però quando parla l’opposizione (ora di centrodestra) si studiano attentamente le luci, i set, la selva di microfoni miracolosamente non copre mai Berlusconi (evidentemente chi li regge è costretto a sdraiarsi e a strisciare per terra come i Corpi Speciali) e a commentare il servizio si manda come inviata la piccola forzitaliana che ogni volta che parla il Cavaliere s’illumina d’immenso e ha i famosi orgasmi multipli. Ovunque vada, soprattutto in campagna elettorale, il Cavaliere si trova davanti un bagno di folla sempre festante, che lo ama. Strano, quando governava lo fischiavano. Mah, la folla è volubile.

Invece quando parla Prodi, via Storaro, le lenti Zeiss e i set cinematografici hollywoodiani. Al massimo siamo in zona Ciprì e Maresco.
Bisogna fare una premessa. Quando nacque Romano, il Signore disse: “Ho voluto creare un essere che fosse l’antitesi di ciò che è la seduzione e il carisma”. Poi ebbe pietà di lui e gli concesse una compagna con la quale comunque riprodursi e in un eccesso di generosità gli fece anche vincere le elezioni italiane per due volte.
Detto ciò, quando il TG1 parla di Prodi il poveretto sembra uno di quei dannati danteschi immersi nella palude dello Stige. Tra i microfoni in movimento e gli occhialoni si percepisce solo una vaga cadenza bolognese. Ah si, è Prodi. Cosa c’è per secondo?

Dopo che si è data l’impressione, assolutamente fallace perché il TG1 ora è imparziale, di aver trattato meglio l’opposizione del governo, ma che dico, di aver proprio messo in ridicolo il capo del governo, il TG1 deve ancora espletare qualche fastidiosa incombenza.
Per primo il girotondo di dichiarazioni politiche del giorno, che di solito inizia con “il centrodestra attacca” e che termina invariabilmente con la massima serale, una specie di "Ascolta, si fa sera" di Bonaiuti in alternanza con Chicchitto, il cui tema è “ma quanto fa cagare questo governo di sinistra”. I rappresentanti del governo parlano, si, e anche per ultimi, ma dopo che hai sentito Bonaiuti non ti va di assaggiare altro.

Poi si passa alla solita suppostona di cronaca nera fatta proprio per farcelo stringere e crearci un bel po’ d’ansia, dove tutta la delinquenza arriva dalla Romania (ah, Iliescu, cos’hai fatto!) e uno si domanda dove siano finite Mafia, Sistema, 'Ndrangheta e Sacra Corona Unita. Sconfitte dal conte Dracula, a quanto pare.
Dopo la rubrica fissa “La parola all’avvocato” che ci ricorda quanto siano talebani i giudici, in questi giorni c’è anche un gradito ritorno dopo anni di assenza dai palcoscenici, i Black Block. E poi l’allarme terrorismo per le scritte sui muri. A Ravenna in una strada c’è scritto su un muro “Figa e Piadina”. Chissà quali azioni eversive sta preparando questa misteriosa sigla.

Dopo tanta vacuità si passa alle cose serie e si sguinzagliano le sciampiste. La giornalista sparsa le trecce morbide annuncia con l’occhio umido che Paris va al gabbio (e tu fai immediatamente l'associazione con il giudice talebano), dei vecchi tromboni del rock si riuniscono per un concerto, c’è il gossip, una sveltina di sport, il trash con l’inglese che mangia le polpette di cane, le finte recensioni cinematografiche di Mollica, così perfette da sembrare vere, il nuovo disco del cantante, insomma si fa qualche marchetta tanto per riempire il quarto d’ora rimasto per fare le otto e mezza e non rompere troppo le palle a chi sta aspettando Insinna.

Tanto cos’avrà capito la gente con il maccherone ancora a mezz’aria? Però, come si porta bene il Cavaliere eh, sempre elegante. Ed è anche un bell'uomo per la sua età. Perché, ha parlato il Mortadella? non l’ho mica visto. Eh questi rumeni, ma perché non li bombardiamo e basta. Però che gnocca la Paris. Non cambiare che ci sono i pacchi.

Il Ministero della Cultura Popolare, anche conosciuto con l'acronimo MinCulPop o Min.Cul.Pop., è stato un ministero istituito dal regime fascista il 22 maggio 1937. Aveva l'incarico di controllare ogni pubblicazione, sequestrando tutti quei documenti ritenuti pericolosi o contrari al regime e diffondendo i cosiddetti ordini di stampa (o veline) con i quali s'impartivano precise disposizioni circa il contenuto degli articoli, l'importanza dei titoli e la loro grandezza. Più in generale, questo ufficio, si occupava della propaganda, quindi non solo controllo della stampa. (Da Wikipedia)

P.S. David, lo so, sei tanto caruccio e non te lo meritavi. Ma così impari a non ribellarti.

martedì 5 giugno 2007

La pedofilia è come la mafia, stessa omertà

Confesso che Santoro l’ho dormito, l’altra sera. Ho ascoltato solo la tesi difensiva iniziale di Fisichella (il monsignore, non il pilota), poi sono crollata sotto i sofismi, tutti quei puntini sulle i e la voce al pentothal di Michele.
Il colpo di grazia è stata la scritta in sovrimpressione che raccomandava di mettere a letto i bambini, come se gli spettatori non fossero in grado di decidere cosa far vedere ai loro figli e non si sapesse già da giorni quale fosse l’argomento della trasmissione, quei preti che hanno il viziaccio di violentare i bambini. Il vecchio paternalismo della RAI verso il popolo bue. Un tentativo molto democristiano di contenere il danno, cioè l’Informazione.

Ha risolto poi i dubbi la trasmissione? Si è capito se Ratzinger ha veramente cercato di fare come il suo gatto nella cassettina, occultare lo scandalo? Oppure l’ambiguità dei testi canonici ha fatto si che quei perfidi inglesi antipapisti ci inzuppassero il biscotto per chissà quali motivi?
A giudicare dalla reazione rabbiosa dei papaboys e al riflesso pavloviano della censura contro la trasmissione di Santoro che era subito scattato in loro, a qualcosa comunque la trasmissione è servita.
L’importante in questi casi è spezzare la congiura del silenzio, che se ne parli, come della mafia.

La pedofilia non è solo un perverso effetto collaterale di Internet o un fenomeno legato alle realtà degradate della società, è un fenomeno purtroppo all’80% familiare che, come la mafia, prospera nell’omertà.
La madre sa, vede, ma non parla. Per paura e “rispetto” del codice d’onore. Chi ha subìto in passato tace, non avverte i parenti del vizioso che si annida in famiglia e la faida si perpetua alle nuove generazioni.
Quando la vittima parla si percepisce il disagio del clan. L’infame ha parlato. Come osa? Sarà pazzo, sarà isterica, poverini. Il vecchio maiale muore impunito a cent’anni nel suo letto, venerato come un santo, oppure schiatta nell’orto come Don Vito Corleone, pianto da tutti, comprese le figlie che si è stuprato da piccole. Chi si ribella è fortunato che non sia più di moda la lobotomia prefrontale.

Se vogliamo che si spezzi la catena dell’omertà attorno alla pedofilia bisogna parlarne e mettere in guardia soprattutto i bambini. Insegnargli a mirare alle palle quando qualcuno cerca di toccarli in maniera impropria. Altro che mandarli a letto.

Smascherare la pedofilia dà fastidio perché essa è una delle facce dello sfruttamento complessivo del corpo e della mente del bambino, considerato la più insignificante delle merci nella società mercificata. Anche i piccoli senza infanzia che cuciono da schiavi le scarpe della Nike devono tacere e sopportare e mai denunciare i loro padroni sfruttatori. Come i soldatini arruolati nelle guerre dove l’arma più gentile è il machete. Oppure i tanti piccoli venduti ai laidi turisti del sesso. Tacere e sopportare perché una società globalmente mercificata e mafiosa “nun vo’ penzieri”.

lunedì 4 giugno 2007

Varicella?! E sticazzi!

No, dico io, ma è serio prendersi la varicella a quarantasette anni e dover stare in quarantena?

Magari tra un po' arriva Dr. House che fa il solito cazziatone con il botto al mediconzolo che non ha capito la diagnosi e ne spara una delle sue alternative e infallibili.

Per il momento mi tengo la febbre alta, i dolori, l'esantema, il prurito e la rottura di palle. E sticazzi!

venerdì 1 giugno 2007

Che la festa sia con voi - Trent'anni di Star Wars

Dite quello che volete, ma per me Star Wars è Darth Vader (o Fener, come lo tradussero allora, con la mania di storpiare tutto, in italiano).
Il padre perduto, l’angelo del male, il jedi votatosi al lato oscuro della Forza, ha sempre rappresentato per me il motivo principale di interesse per la saga, ideata da George Lucas, che il 25 maggio scorso ha compiuto trent’anni.

Andai a vedere il primo “Guerre Stellari” (ora Episodio IV nell’economia generale della serie) in un cinema di periferia. Avevo appena visto anche “Incontri ravvicinati del terzo tipo” di Spielberg che, con l’astronave madre rutilante di mille luci e colori, mi aveva impressionato più o meno come l’arrivo del treno a La Ciotat aveva colpito i primi spettatori del cinema dei fratelli Lumiére.
Sarà stata l’inadeguatezza tecnica della sala o la preferenza per il film di Spielberg ma allora “Guerre Stellari” mi sembrò più o meno una favoletta anche se arricchita da mirabolanti (per quei tempi) effetti speciali.
L’unica cosa che mi piacque veramente da pazzi era proprio lui, Darth Vader, con quel terrificante respiro da enfisema e la maschera nera che risvegliava in me il trauma infantile di Belfagor. In più era una carogna finita dai poteri misteriori e terribili e si sa che alle ragazze piacciono un sacco i farabutti.

Il resto della saga l’ho visto negli anni seguenti in TV o in DVD. Non ho mai considerato memorabili né il secondo episodio, “L’impero colpisce ancora” né tanto meno “Il ritorno dello Jedi”, con quel disgustoso Jabba the Hut (quando vedo il Betulla un po' me lo ricorda) e quegli stucchevoli orsetti del cappero.
E' vero, non avrei certo gettato alle murene Han Solo, e nemmeno forse Luke, R2D2 era il robottino più simpatico e spaccaballe dai tempi di Robby, ma Darth era Darth. A proposito, guardate un po' qui come si sono tutti ridotti. Un macello. Trent'anni e sentirli, eccome.

Il mio interesse per la saga si è destato nuovamente con i nuovi episodi prequel usciti negli ultimi anni, che promettevano di raccontare tutto l’antefatto e soprattutto la storia di Anakin Skywalker (Darth Vader) che ormai sapevamo essere il padre di Luke e Leia e del quale i nuovi episodi avrebbero rivelato la discesa all’inferno.
Nonostante un po’ troppi bambocci petulanti e una dose abbondante di sentimentalismo nella parte dedicata alla regina Amidala, con le nozze sul lago di Como dove mancava solo Clooney e un pericoloso miscuglio di amore, luna e stelle che avrebbe fatto mettere mano al fucile Bukowski, confesso che sono rimasta veramente colpita ed emozionata da una scena di Episodio III, visto al cinema l'anno scorso.

Dopo il duello all'ultimo sangue con Obi-Wan, Anakin giace orribilmente bruciato e amputato sulla riva di un fiume di lava e viene “ricostruito” e androidizzato, con la maschera che cala per ultima a chiuderlo per sempre nell’armatura nero metal-latex e il respiro diventa quello inconfondibile di Darth Vader. E’ una favola, lo so, ma è da brividi.
La fine dell’episodio poi, con l’apparizione della Morte Nera, si riagganciava perfettamente a quel film che avevo visto nel lontano 1978, con il quadro che ogni tanto se ne andava, tra il “buu-buu” dei ragazzini impazienti e il pavimento ricoperto di cartacce, stecchi di “moretto” e sacchetti di patatine.
Il ciclo era chiuso ed era valsa la pena di aspettare trent’anni per conoscerne il mistero.

P.S. Questo articolo è pubblicato anche su Kino Lameduck, il cinemino più amato dalle papere.

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